La tavola rotonda, organizzata dalla Facoltà di Scienze dell'Educazione in collaborazione con la Facoltà di Filosofia dell'Università Pontificia Salesiana (UPS), mira a riflettere sul concetto di educazione della libertà di coscienza, a partire da un sondaggio di natura antropologica, nella definizione di cosa si intenda per coscienza, come struttura metafisica dell’uomo, sede della sua identità e poi del giudizio morale che anticipa, accompagna e segue ogni azione. L’individuo, inoltre, si riconosce come libero a partire dalla definizione chiara del progetto di vita che funge da motore e vettore verso il quale dirigere ogni scelta particolare. Mediante i valori, inoltre, riesce a sintonizzarsi con gli altri con i quali convive nel suo perimetro esistenziale e che erediteranno altresì le sue scelte. Chiaramente valori, coscienza e libertà rischiano di diventare meri involucri sotto i quali nascondere egoismi e soggettivismi di vario genere che richiedono quindi un’educazione aperta alla responsabilità e alla socialità. Dopo una prima ricognizione di natura filosofica, si evidenzieranno gli effetti a partire dalla pedagogia familiare. Infine, la seconda parte dell’incontro si concentrerà in un dialogo con la prospettiva islamica.
Nella tradizione islamica, infatti, il tema della libertà è strettamente connesso all’educazione. Vi è un primo livello di libertà, intesa come libera scelta di agire, che lo studente o il bambino deve imparare a vivere come “dono di Dio”, un dono che non va idolatrato o abusato, ma di cui fare un uso conforme alla vita religiosa. Esiste poi un senso di libertà superiore che coincide con la realizzazione di una sempre maggiore facilità nel compiere la volontà di Dio, in ogni istante.
Nell’Islam i testi sacri e sapienziali sono sempre la base da cui partire per ogni educazione ed insegnamento. L’episodio coranico dell’incontro tra il profeta Mosè e un altro profeta, che la tradizione islamica chiama “al-Khidr”, “il verdeggiante”, è un racconto che racchiude molti insegnamenti preziosi sul rapporto tra maestro e discepolo, sull’affidamento, sulla pazienza e la certezza del beneficio spirituale, virtù che andrebbero sempre ricercate anche in un contesto pedagogico ed educativo, sia da parte del docente che del discente.
Tra queste virtù un ruolo centrale è occupato dalla taqwa, “timore di Dio” o “pietà spirituale”, che alcuni sapienti interpretano come coscienza di Dio e quindi coscienza della propria non-indipendenza: forse un concetto oggi antitetico alla cultura dell'autosufficienza dell'individuo, che peró spesso coltiva sensi di inadeguatezza e insoddisfazione nei giovani. Conseguenze naturali della taqwa sono la compassione per il prossimo e la capacità di gustare la realtà come una costante occasione di conoscenza e discriminazione. Tutti aspetti di quella che i maestri dell’Islam chiamano “scienza utile” che è alla base di ogni educazione.
L'evento si terrà il 29 novembre 2024 alle ore 10:35 nell'Aula A02 dell'UPS