Il 31 gennaio commemoriamo il dies natalis di San Giovanni Bosco, cioè il giorno della sua “nascita” al cielo, avvenuta a Torino nel 1888. Nella cultura cristiana, infatti, la morte non è vista come fine definitiva di un’esistenza umana, ma come nascita per una nuova realtà, ai nostri occhi non sempre così evidente e pertanto più difficile da credere.
Quest’anno però la nostra solennità coincide con un altro anniversario, quello di San Francesco di Sales, di cui ricordiamo il quarto centenario della sua nascita al cielo, avvenuta il 28 dicembre 1622 a Lione.
San Francesco di Sales, con carità pastorale e profonda sapienza, seppe guidare molti uomini e donne che volevano crescere nella vita spirituale, indirizzandoli verso la via della perfezione nella santità. Infatti era convinto che la santità fosse per tutti e i suoi insegnamenti sono conservati in libri di grande attualità, come “Introduzione alla vita devota, o Filotea” e “Trattato dell’amor di Dio, o Teotimo” e nelle numerosissime lettere e discorsi.
Senza dubbio i consigli per una vita santa anche negli impegni quotidiani proposti dal vescovo di Ginevra, hanno influenzato anche la vita del santo fondatore dei salesiani. Tra le sue risoluzioni prima dell’ordinazione sacerdotale (giugno 1841) troviamo questa: “La carità e la dolcezza di S. Francesco di Sales mi guidino in ogni cosa”. Questa inclinazione alla spiritualità “salesiana”, come sostengono gli studiosi della vita di Don Bosco (cfr. A.J. Lenti, Don Bosco, storia e spirito,1, 268s), non ci deve sorprendere, perché al popolo cristiano del Piemonte gli scritti di San Francesco di Sales erano assai noti. Anche ai candidati al sacerdozio nel seminario di Chieri, tra cui troviamo un certo Giovanni Bosco, la spiritualità “salesiana” veniva spesso raccomandata.
Per Don Bosco probabilmente non era sempre facile realizzare la sua risoluzione “salesiana”, cioè di imitare la carità e la dolcezza di Francesco di Sales. Il suo era uno sforzo continuo nel cercare di crescere costantemente nell’addolcire il carattere forte che lo contraddistingueva, nell’affrontare le sfide del momento storico che viveva, nel cercare di rispondere ai problemi sociali che lo interpellavano, in particolare i giovani abbandonati nelle vie di Torino spesso esposti al rischio di perdere la loro dignità umana. Per questa ragione, Don Bosco decise di aprire l’Oratorio con stabile sede dal 1846 a Valdocco (Torino) e, al fine di garantire la sua continuazione, pensò di fondare anche una congregazione religiosa. Nel 1854 il suo piano viene rivelato al gruppo dei suoi giovani più stretti collaboratori con queste parole: “La Madonna vuole che noi fondiamo una Società. Ho deciso che ci chiameremo Salesiani. Mettiamoci sotto la protezione di San Francesco di Sales”.
L’impegno quotidiano a favore dei giovani torinesi era sostenuto dalla grazia divina, che sottilmente interveniva nella sua vocazione a tal punto che diventò un modello di imitazione non solo per i salesiani, i suoi figli spirituali, ma anche per gli educatori – che ancora oggi seguono la sua proposta educativa nel felice incontro tra ragione, religione e amorevolezza – e anche per i giovani, che cercano fondamenta solida per costruire il proprio futuro. L’articolo 21 delle Costituzioni salesiane cita: “Profondamente uomo, ricco delle virtù della sua gente, egli era aperto alle realtà terrestri; profondamente uomo di Dio, ricolmo dei doni dello Spirito Santo, viveva «come se vedesse l’invisibile»”.
Ma in fondo Don Bosco era un sacerdote santo, che cercò di vivere instancabilmente due obbiettivi della sua missione: “Quando mi sono dato a questa parte di sacro ministero, intesi di consacrare ogni mia fatica alla maggior gloria di Dio ed a vantaggio delle anime, intesi di adoperarmi per fare buoni cittadini in questa terra, perché fossero poi un giorno degni abitatori del cielo. Dio mi aiuti di poter così continuare fino all’ultimo respiro di mia vita” (G. Bosco, Piano di Regolamento per l’Oratorio maschile di S. Francesco di Sales in Torino nella regione Valdocco, p. 2, Archivio Centrale Salesiano, Roma).
La festa di San Giovanni Bosco, “cresciuto e maturato” nella scuola spirituale di San Francesco di Sales, è da un lato il ricordo di un grande santo dalla sorprendente attualità, e dall’altro indice di un impegno a vivere la propria chiamata nel realismo del quotidiano. All’interno della comunità accademica ciascun membro vive e realizza con la grazia di Dio la propria vocazione. Quest’anno chiediamo, per l’intercessione di San Giovanni Bosco, una grazia particolare affinché la nostra buona volontà di vivere in fedeltà la vocazione affidataci non venga meno.
Auguri a tutti!
prof. don Miran Sajovic
Decano della Facoltà
di Lettere Cristiane e Classiche