SEMINARIO

SAFEGUARDING, sessione formativa

Il 4 novembre 2024, un momento di incontro e confronto sulle misure necessarie, in ambito educativo, sociale, sanitario e religioso per garantire la sicurezza e il benessere delle persone più vulnerabili
  16 ottobre 2024

L'Università Pontificia Salesiana ha organizzato, per lunedì 4 novembre 2024, ore 15:00, una sessione formativa sul Safeguarding, quell'insieme di politiche, procedure e pratiche implementate per proteggere i bambini e gli adulti vulnerabili da danni, abuso, sfruttamento e negligenza.

Il Safeguarding include misure preventive per creare ambienti sicuri e rispondere a qualsiasi preoccupazione o incidente in modo appropriato e tempestivo. Queste misure sono fondamentali in ambito educativo, sociale, sanitario e religioso per garantire la sicurezza e il benessere delle persone più vulnerabili.

Durante l'incontro, introdotto dal Rettor Magnifico prof. don Andrea Bozzolo, si alterneranno diversi esperti che approfondiranno il tema della pedofilia, dei reati sessuali e delle competenze mediche per la protezione dell'infanzia.

Relazione I | Diac. Prof. Marco Ermes Luparia

I precursori nell’ombra: per una visione olistica della pedofilia
Il problema della pedofilia ha dei grandi legami non solo con quanto individuabile (e reso visibile) attraverso dati anamnestici e psicodiagnostici, ma anche con altri aspetti importanti della persona come la dimensione etica e spirituale che nella loro povertà sono responsabili dello scadimento del senso critico sull’agire morale, e sono in grado di incidere anche sulla prognosi relativa alla soluzione del problema.

Il prof. Marco Ermes Luparia è docente di Psicologia Vocazionale e Pastorale Speciale presso l’Istituto per la Formazione Speciale dell’Apostolato Accademico Salvatoriano; Presidente Fondatore dell’Apostolato Accademico Salvatoriano.

Relazione II | Prof.ssa Lucy Muthoni Nderi

Alcuni aspetti psicodinamici del soggetto autore dei reati sessuali
Nel contesto del seminario di formazione sul "Safeguarding dei minori", l’intervento intende esplorare alcune dinamiche psicologiche e relazionali che possono contribuire all’emergere di comportamenti sessuali devianti. Comprendere il vissuto degli autori di reati sessuali rappresenta un elemento di tutela delle vittime e della collettività, in quanto consente di identificare sia fattori di rischio che possono essere affrontati in modo proattivo sia strategie efficaci per la prevenzione.

La prof.ssa Lucy Muthoni Nderi, fma, è docente di Psicologia Dinamica presso la Pontificia Facoltà di Scienze dell’Educazione “Auxilium” di Roma

Relazione III | Prof. Massimo Giovannini

Tutela dei minori: strategie e competenze mediche per la protezione dell’infanzia
La pedofilia è in larga misura legata a basi biologiche: c’è una mutazione genetica all’origine del disturbo dell’eccitazione sessuale in cui si manifesta interesse per giovani in età prepubere. Nella maggior parte dei casi, sono di sesso maschile; l’attrazione sessuale verso i bambini inizia a manifestarsi nel corso dell’adolescenza e della prima età adulta; nel 50-60% dei casi, alla diagnosi di pedofilia si affianca quella di abuso di sostanze; nel 50-70% dei casi, alla diagnosi di pedofilia si accompagna quella di un’altra para filia, intesa come disturbo della sfera sessuale (es. esibizionismo, voyeurismo, sadismo); si collocano generalmente nella fascia di età compresa tra i 40 e i 70 anni; in generale, non presentano marcati deficit cognitivi ma mostrano buone capacità di pianificazione dei propri comportamenti; fanno raramente ricorso all’uso della forza o di armi per coinvolgere bambini/adolescenti in atti sessuali, ma ricorrono piuttosto a forme più sottili; molestano soggetti di entrambi i sessi; molestano principalmente vittime conosciute; tendono a giustificare e/o minimizzare il loro comportamento. La causa dell’attrazione deviata di un adulto verso i minori è il risultato del difetto di un fattore di crescita (la progranulina) coinvolto in numerosi processi fisiologici, ma anche patologici. Oltre a ciò si sono identificati due geni come principali cause di squilibri comportamentali: il primo è il CDH13, di cui una particolare variante  viene associata ad autismo, schizofrenia e ADHD (Disturbo da Deficit di Attenzione / Iperattività); il secondo  è il MAO-A che si trova nella parte corta del cromosoma X ed è un enzima che regola l’attività di neurotrasmettitori come la serotonina e la dopamina (ormoni della felicità). Chi possiede queste varianti ha più probabilità di sviluppare comportamenti violenti e aggressivi,di solito già visibili in giovane età. Test comportamentali  possono portare alla identificazione di soggetti portatori di queste mutazioni genetiche,e si può prevedere attività di prevenzione e/o di terapia.

Il prof. Massimo Giovannini è Medico Chirurgo, Consultant Senior Physician presso il Dipartimento Scienze della Salute della Donna, del Bambino e della Sanità Pubblica Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, già Direttore Dipartimento Infanzia e Adolescenza ASL Roma 2